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FUMETTO - Dragonero 42

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Torniamo a parlare della serie fantasy della Sergio Bonelli Editore. Torniamo a parlare di Dragonero. Condivido con voi alcune impressioni dopo la lettura del numero 42 della serie mensile. Sedetevi lì, intorno al fuoco, e mettetevi comodi.


DRAGONERO 42 – Il patto della strega
Novembre 2016
Sergio Bonelli Editore

Soggetto: Luca Enoch
Sceneggiatura: Giovanni Eccher
Disegni: Antonella Platano
Copertina: Giueseppe Matteoni
Lettering: Marina Sanfelice

Cerchiamo di procedere con ordine e partiamo dalla copertina di questo quarantaduesimo albo . Il disegno della copertina è davvero pregevole, il posizionamento dei due personaggi, con la strega che troneggia su Ian, crea davvero quella giusta suspence e quell’interesse verso l’albo. La predominanza del colore verde forse non è tra le mie preferite, ma poco importa. Copertina promossa!



Didattica ed interessante al punto giusto l’introduzione di Luca Barbieri nella rubrica “Le cronache dell’Erondar”. Voi la conoscete la differenza tra uno “Stregone-Diavolo” ed uno “Stregone-Mago”? Ecco, appunto… andate a leggere và…

Passiamo ora ad una primissima impressione che mi sono fatto sfogliando l’albo, in merito ai disegni di Antonella Platano (bresciana di nascita, ma cuneese d’adozione). Alcuni elementi mi hanno riportato alla mente i disegni di quel mostro sacro di Larry Elmore delle prime edizioni dei manuali di D&D che ho avuto tra le mani (qualche anno orsono…anche se li sfoglio tutt’ora molto spesso. Giusto per intenderci, per chi se le ricorda, parlo della celeberrima edizione della scatola rossa, blu, etc.). Direi che ho individuato nei capelli lunghi di alcuni personaggi, in alcuni dettagli di armi ed armature, nelle barbe, etc. i particolari che mi hanno riportato alla mente D&D ed il loro illustratore.


Una piccola indiscrezione, che poi indiscrezione non è: l’artista cuneese viene citata, tra gli altri, nel video di presentazione sul futuro di Dragonero, come uno dei disegnatori che si occuperanno della testata “Kids”. Anzi, Stefano Vietti e Luca Enoch citano l’autrice come unico caso in cui, saputo del progetto, l’autrice ha chiesto di passare dalla testata mensile “normale” a quella “Kids”.

Ultima nota sulla disegnatrice: ho apprezzato maggiormente i disegni ambientati di giorno piuttosto che quelli cupi e notturni. Ma chissà poi perché, non ve lo saprei proprio dire. Anche la veste grafica del mostro non mi ha esaltato molto, avrei cercato (se solo sapessi disegnare) di caratterizzarlo maggiormente, come per esempio fatto per la strega. Ma ovviamente a parlare ed a scrivere è molto più facile. In ogni caso, giusto per evitare fraintendimenti, i disegni di Antonella Platano sono più che promossi.

Ma veniamo alla storia, la cui vicenda, per la maggior parte, si svolge presso la città di Obran ed i suoi dintorni, anche se l’incipit ci presenta un villaggio davvero particolare in cui Arysa si è ritirata dopo aver abbandonato la sua carriera di bestiaria (cacciatrice di bestie). Il villaggio è quello di Sharkhel, non segnato nemmeno sulle mappe, ed in questo luogo pervengono da tutto l’impero coloro che sono considerati i malati della società: storpi, mutilati, infetti, etc. Qui cercano di condurre una vita dignitosa e lieta, e veniamo a scoprire che Arysa è per l’appunto una ex “cacciatrice” ed anche una sciamana di discreto potere.

La vicenda che si svolge nei pressi di Obran, vede un mostro assetato di sangue a cui Ian e Arysa danno la caccia. La storia si intreccia con la morte della figlia dei conti che governano il territorio e con uno strano rituale effettuato da una fantomatica strega (la veste grafica usata per rappresentarla mi è piaciuta moltissimo, sia nella maschera d’osso sia in alcuni particolari resi molto bene da Antonella Platano, come gli ossicini tenuti insieme da uno spago che vanno a comporre, dito per dito, degli artigli).

Non vi dirò molto altro sulla trama per non rovinarvene la lettura.



Vi segnalo solo quattro note: la prima è quella che il fatto di avere nei pressi di Obran, una locanda gestita da un orco  mi è parsa davvero una bella trovata.  Alla vista di tale particolarità, Ian esclama (vado a citare): “… c’è speranza,  dunque, nel mondo”. Citazione e situazione davvero molto attuali.
La seconda nota, anche questa molto apprezzata, riguarda un’altra bella trovata e di come viene smorzata la tensione del combattimento con il mostro, nel momento in cui Ian, per salvare il nano mercante afferrato per la barba dal mostro stesso, è costretto a tagliare di netto la barba del mercante… e voi sapete bene cosa significhi per un nano la propria barba.
La terza riguarda il rapporto tra Ian e la sua spada. In un primo scontro con il mostro, Ian sente inconfondibile il desiderio della spada di versare il sangue del mostro, ma lo trattiene, lo domina. Cosa che invece non farà nel compassionevole finale di questo albo.
La quarta nota, questa meno positiva rispetto alle precedenti, è che il personaggio di Arysa mi sarebbe piaciuto vederlo maggiormente sviluppato, in quanto davvero molto interessante, ma magari lo sarà in futuro.


Una buona storia, dal taglio classico, forse non così innovativa, ma in fondo, una buona storia.

Ed ora come sempre vi saluto...

...al prossimo incontro!
LoShAmAnO

D&D: consigli per Dungeon Master #28 - Matthew Mercer #3

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Tempo addietro ho scoperto  una serie di video di partite di D&D di un gruppo di giocatori, il cui gruppo di gioco prende il nome di Vox Machina. Probabilmente li conoscerete come Critical Role.

Alcuni link per i vostri approfondimenti:
Il loro Master Matthew Mercer, talentuoso giocoliere con la propria voce, guida il gruppo con notevole abilità. Matt (lo chiameremo così d'ora in poi vista l'ormai confidenza che c'è tra noi), ha iniziato anche a produrre una serie di brevi video sul ruolo del DM.
Oggi Matt è venuto, per la terza volta, presso l'aNtRoDeLLoShAmAnO per prensentare un nuovo video di questa serie.

Il primo video lo potete trovare cliccando su questo link.

Per coloro che non conoscono l'inglese, ve ne proporrò un sunto tradotto (non me ne vogliate, come sempre, se traduco io con il mio inglese shamanico).

Buona visione e/o buona lettura.




Quest'oggi Matt ci parla di come un DM dovrebbe preparsi ad improvvisare. L'improvvisazione è una componente molto importante nel ruolo del DM di oggi (forse meno in quello di ieri).

Anche se la preparazione è un punto focale per un DM, non ci si può preparare a tutte le possibili azioni che i giocatori possono intraprendere, a fronte della descrizione di una certa situazione da parte del DM. I giocatori tenderanno a rompere quelle trame che sono state scritte con troppa rigidità. Una possibile soluzione, se per esempio si gioca con lo stesso gruppo da molto tempo e si conoscono i propri giocatori, potrebbe essere quello di preparare dei percorsi alternativi... ma anche in questo caso la questione rimane sempre aperta... i vostri giocatori vi sorprenderanno con delle scelte che voi non avreste mai immaginato.

Probabilmente non sarebbe corretto impedire ai giocatori di fare certe azioni solo perchè queste fanno allontanare la storia dal percorso da voi scritto e pensato. Assecondare invece le loro scelte, improvvisando (certo non un compito facile), potrebbe portare la storia e l'avventura verso lidi che non avreste mai pensato di raggiungere. Facendo così, non è detto che in un secondo tempo, con molta calma, non potrete riportare i PG nei binari della vostra storia. Di sicuro però, se i giocatori saranno assecondati nelle loro azioni, si sentiranno davvero partecipi della storia comune che state costruendo insieme, e non saranno semplici spettatori. Si sentirano protagonisti ed avranno davvero la sensazione che le loro scelte influenzano il mondo che li circonda.

Non abbiate paura delle stranezze o di quanto strane possano risultarvi le scelte di un giocatore. Probabilmente per lui in quel momento, quelle scelte hanno un senso. E poi, dice Matt, partendo dalla sua esperienza, dalle scelte più strane nascono vicende divertenti e memorabili.

Utilizzare dei PNG con delle quest o delle avventure legate ad essi stessi potrebbe aiutarvi nel caso i vostri giocatori decidessero di allontanarsi dalla trama principale. Per fare questo, una cosa molto utile è avere a disposizione una lista di nomi da poter usare nell'immediato (non è la prima volta che sento questo consiglio, l'ho sentito anche da parte di Chris Perkins ed altri DM... per cui direi che questo è proprio un punto importante).

Paradossalmente i giocatori avranno sempre la sensazione che voi abbiate tutto sotto controllo, anche quando starete improvvisando alla grande.

Questo punto insieme ad una lista di PNG pre-confezionati, renderà il tutto più veriterio agli occhi del vostro gruppo di gioco.

Se poi volete ancora aggiungere degli elementi potreste anche preparare una lista di storie, background, appena accennati, da cui pescare nel caso i vostri giocatori, per qualche svariata ragione, volessero approfondire la storia di una prticolare PNG.

Anche avere a disposizione una lista di oggetti magici da usare come ricompensa per eventuali avventure improvvisate potrebbe rivelarsi un altro lemento vincente per gestire al meglio momenti di improvvisazione.

Come sempre, ci dice Matt, le doti di improvvisazione accrescono con il tempo e con l'utilizzo. I piccoli trucchetti elencati sopra sono semplici aiuti concreti da usarsi per allenare questa dote che ogni DM dovrebe curare.

E con questo anche oggi abbiamo terminato.

Grazie Matt...davvero molto interessante...

...al prossimo incontro!
LoShAmAnO





FUMETTO - Sandman Overture

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Torniamo a parlare di fumetto, e mi permetto di dire, torniamo a parlare di grande fumetto. Mai come quest'oggi quanto sto per dirvi ha così valore. Sedetevi lì, intorno al fuoco, e mettetevi comodi. Non preoccupatevi se il tepore del fuoco vi farà dormire. Abbandonatevi al sonno e sognate. Non temete... oggi parliamo di:

SANDMAN OVERTURE


Soggetto e sceneggiatura: Neil Gaiman
Disegni: J. H. Williams III
Colori: Dave Stewart
Traduzione: Leonardo Rizzi
Lettering: Alessio Ravazzani
Casa editrice: Lion

Prima nota: in queste poche righe si darà per scontata una certa conoscenza dei personaggi dell’universo narrativo creato dal genio di Neil Gaiman. Sappiatelo.

Immagino che già dall’utilizzo della parola "genio" vi sarete fatti un’idea del tono di queste mie poche righe di commento, non è vero? Vi metto però in guardia. Non sempre dal semplice utilizzo di particolari termini si può evincere il proseguire di una storia. Ma in questo caso potete tranquillamente farlo. Evincete gente, evincete!
Come mio solito sto divagando. Torniamo sulla strada che mi ero prefissato di seguire ed incamminiamoci.



I numeri che compongono questa storia sono 6 (anche se oggi in edicola potete trovare una bella edizione cartonata che li raccoglie tutti quanti). Per ogni numero J.H.William III ha disegnato una copertina e Dave McKean ne ha disegnata un’altra.
Cosa posso raccontarvi delle copertine? Sono incredibili? Sono dei piccoli quadri? Alcune più riuscite (come quella del numero 01 o del numero 06, o delle variant, di Dave McKean per esempio per il numero 05, o di Sergio Toppi – il compianto maestro italiano della nona arte – per il numero 01.), altre meno (come quella del numero 02). Qui sotto ve ne propongo una carrellata, perché davvero ne vale la pena.


La storia che Gaiman ci racconta riprende alcuni elementi classici del suo universo narrativo ed al contempo ne introduce anche alcuni di nuovi. Nell'introdurli ci racconta le vicende che hanno immediatamente preceduto la cattura di Sogno da parte di Roderick Burgess, elemento con cui iniziò la serie regolare di Sandman nel 1988 e con cui termina questa. La vicenda in breve può essere riassunta così: Sogno, molto tempo fa, scoperto un vortice in una creatura di un pianeta molto lontano, non sapendo bene cosa fare, rimase per molto tempo a guardare lo svolgersi degli eventi. Quando l’esistenza stessa delle Terre del Sogno fu messa a rischio, Sogno dovette porre fine alla vita di un intero pianeta (sua sorella, Morte, lo rimprovererà sottolineando cinicamente la triste lezione da imparare: Sogno avrebbe potuto “uccidere” una sola creatura in principio, invece che un intero pianeta in seguito). Non ebbe però la forza (o Desiderio, scegliete voi) di porre fine anche al sole di quel sistema solare. In quella stella, come un cancro, crebbe la pazzia che covò per molto tempo, fino a quando esplose nell’uccisione di una delle manifestazioni di Sogno.
Tutto questo, attraverso diverse vicende porterà alla guerra globale. All’annientamento globale dell’universo… ma Sogno… aiutato da suo fratello/sorella, Desiderio, troverà il modo di mettere a posto le cose… con grande fatica e dispendio di energia. Ed è in questo momento che arriva la cantilena evocativa di Burgess… Sogno non avrà la forza di resistere e noi, grazie a tutto questo, abbiamo potuto godere di una delle massime espressioni del fumetto moderno. Cosa che Sandman incarna in pieno.

Gli elementi che danno continuità con tutta la serie sono tanti, tra questi ci sono ovviamente gli stessi Eterni: Sogno, Delirio, Destino, Morte, Disperazione, Desiderio, ed anche Distruzione, pur nella sua assenza. Volitivi negli umori, come divinità greche, proprio come abbiamo imparato a conoscerli negli anni. Egocentrici e ligi al dovere, bugiardi e terribili nei loro giudizi, cinici e teneri all’occorrenza.

Lungo la storia troviamo altri elementi classici della narrazione di Gaiman: le Terre del Sogno ed alcuni dei suoi abitanti (Lucien, il Corinzio, etc.).
Troviamo anche elementi classici dello stile narrativo di Gaiman, come il suo portarci a spasso avanti ed indietro nel tempo e nello spazio, pur rimanendo all’interno della stessa storia. Questo suo modo di narrare permette di avere una visione completa del tutto, solo quando si volta l’ultima pagina dell’ultimo albo. Personalmente, infatti, la seconda lettura, fatta alla luce della prima, mi ha permesso di apprezzare particolari e dettagli sia a livello grafico sia narrativo.
Gaiman spazia dalla fantascienza, al surrealismo per arrivare fino al genere western durante l’attraversamento del ponte verso la Città delle Stelle.

Il maggior elemento innovativo che mi ha colpito è stato il fare la conoscenza dei genitori degli Eterni: Tempo (di cui abbiamo già detto prima) e poi Notte, la madre, presso cui Sogno si reca, anche in questo caso per chiedere aiuto, nell'arco della storia.

Alcune trovate narrative sono meravigliose, come per esempio Sogno che in una conversazione con Speranza, sparisce per una vignetta per ricomparire in quella subito successiva. La cosa è buttata lì e sinceramente mi sono interrogato sul suo significato la prima volta che ho letto la storia. Il tutto viene ovviamente spiegato, ma in seguito. Sogno durante quel breve istante incontra il padre, Tempo, che alla fine rifiuta di aiutarlo. Un’altra trovata narrativo-grafica che vi segnalo sono l’inserimento di pagine doppie o quadruple, nel primo numero e nell’ultimo numero, piuttosto che vignette che ruotano all’interno della tavola doppia, cosa che costringe il lettore a ruotare fisicamente, fino a capovolgere, il fumetto stesso.

Da un punto di vista grafico, tutti e sei i numeri sono di livello altissimo. Moltissime le tavole doppie di J.H.William III e le soluzioni grafiche di ampio respiro applicate. La gabbia lascia lo spazio ad una libera interpretazione da parte dell’istrionico disegnatore. Premetto che non lo conoscevo e devo dire che sono rimasto davvero impressionato dal lavoro fatto. Non spreco inutili parole e vi incollo qui di seguito alcune delle immagini che ho trovato nel grande mare della rete. Buona visione.









Ogni numero uscito contiene nelle ultime pagine diversi contenuti aggiuntivi: una bellissima intervista a Todd Klein, un vero e proprio mago del lettering, che nell’intera serie di Sandman ed anche in Sandman Overture, è una vera e propria icona distintiva, alla pari dei dialoghi e dei disegni. Altre belle interviste a j.H. William III in merito alle soluzione grafiche adottate o al colorista di questi numeri, Dave Stewart. Dave McKean in uno di questi contenuti aggiuntivi spiega la genesi di una delle copertine variant. Vengono presentate le copertine variant in modo da confrontarle con quelle della serie, e molto altro ancora.
Insomma, non ho trovato Sandman Overture come un semplice riempitivo, ma, almeno dal mio punto di vista, davvero un’apprezzata aggiunta a quanto già narrato da Gaiman in passato.

Ora vi saluto e come sempre vi do appuntamento...
...al prossimo incontro!
LoShAmAnO
 



FUMETTO – La terra dei figli

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Nuovo giorno e nuovo fumetto. Sedetevi dunque in questo antro in cui le storie prendono vita e mettetevi comodi... Oggi è venuto a trovarci un potente sciamano dei nostri tempi, il suo  nome è Gipi e la storia che ci racconterà prende il nome di...

LA TERRA DEI FIGLI


Autore: Gipi
Casa Editrice: Coconino Press

Che il fumetto che Gipi ci propone questa volta sia come una lente focalizzata sulla storia, piuttosto che sul bel tratto, il disegno o i bellissimi acquerelli a cui ci ha abituato, lo si coglie anche senza aprire il volume in questione. Basta soffermarsi non più di cinque secondi sulla copertina dell'opera.
Scarna. Tutto porta l’attenzione del lettore a focalizzarsi sul titolo. Nessuna distrazione. Nessuna concessione. Nessuna velleità.

Se ancora non bastasse ed aprendo il volume ci si aspettasse di leggere qualche mirabolante introduzione o analisi da parte del critico di turno, si rimarrebbe tremendamente delusi. L’unica introduzione concessa si compone di poche parole (riportate poi anche in quarta di copertina) che rimandano alla storia, ancora una volta, solo a quella. Il rimando di queste parole incuriosisce il lettore, e non poco, tanto sono criptiche e curiose (non sono però un puro esercizio di stile, attenzione; con il procedere della storia, infatti, acquisiranno un senso, anche se non del tutto completo. Ma ci arriveremo. Non credo sia una caso, infatti, che vengano riportate anche in quarta di copertina. Questo fumetto, vi posso già anticipare, inizia davvero dalla prima per finire con la quarta di copertina. Non inizia con la prima pagina del fumetto e non finisce con l'ultima pagina, così come siamo abituati ad intenderle. Le copertine fanno parte della storia.).
Per ora vi riporto queste fantomatiche parole, e non aggiungo altro (ovviamente, lo faccio per incuriosirvi e per invogliarvi a leggere questa bella storia):

Sulle cause
e i motivi
che portarono
alla fine
si sarebbero
potuti scrivere
interi capitoli
nei libri di storia.

Ma dopo la fine
nessun libro
venne scritto più.

Qui sotto trovate anche un video che presenta l'opera. L'ho trovato particolarmente evocativo, sia per l'immagine scelta, a rappresentazione dell'intera storia, sia per il suono.



A questo punto, se ancora qualche dubbio attanagliasse la mente del lettore, in merito al fatto che probabilmente Gipi fosse interessato a raccontare una storia e nulla più (da grande bardo quale egli è), basterebbe sfogliare il volume. Basterebbe prendere alcune pagine a caso per trovare un semplice quanto scarno tratto di china. Bianco e nero. Nessun colore. Nessuna distrazione. China. Solo china. Nuda e cruda. Nemmeno i numeri di pagina. Nulla, se non la storia che va letta. In silenzio. Entrandoci.

Le vicende  narrate hanno come sfondo un lago, a tratti paludoso, sulle cui sponde vivono, distanti tra loro, alcuni individui, solitari o no. Tali vicende le vorrei dividere con voi in tre momenti. 

Nella prima parte scopriamo come sono stati/sono educati i due ragazzi, protagonisti della vicenda, da loro padre. La modalità dura e spigolosa, apparentemente senza affetto (non posso usare la parola “amore”, è una parola proibita. Capirete leggendo), genera conflitto, genera sopravvivenza, genera la speranza che i due ragazzi diventino “invincibili”. In questa prima parte facciamo la conoscenza di Aringo, uno degli altri abitanti del non luogo dove si svolge la vicenda e del “la strega”, altro personaggio (madre dei ragazzi? Che però non vive con il padre…).

Nella seconda parte scopriamo cosa combinano i due ragazzi alla morte del padre, come uccidono Aringo, come cercano conforto dal “la strega”, come scoprono che ci sono altri abitanti intorno al lago, i Fedeli (al contrario di quello che il padre aveva sempre detto loro, che ovviamente ritengono un bugirado, senza capire che forse lo aveva fatto per proteggerli), che rapiscono “la strega”. Conosciamo poi i gemelli Testagrossa. 
Questa seconda parte, come in parte anche la terza, sarà mossa interamente dal desiderio che qualcuno legga ai ragazzi (in particolare al più piccolo) il quaderno che di tanto in tanto il padre scriveva in privato. I due ragazzi, poco inclini a conoscere le ambiguità del genere umano, si cacciano in diversi guai e manifestano una sorta di violenza senza rimorso (sia nella prima parte quando uccidono Aringo, sia in questa quando trattano lo stesso trattamento ai fratelli Testagrossa).
Il tema della violenza barbara e brutale permea l’intera storia. Una sorta di ritorno al passato dell'umanità, ad uno stato primordiale, ad uno stato istintivo.

La terza parte è legata alla comunità del dio fiko, una comunità che incanala la violenza e la governa attraverso qualche fantomatico testo (immagino una personale visione dell’autore in merito alle religioni). Questa terza parte però è anche quella che trova una sorta di speranza. Il quaderno, o almeno il senso generale di quando c’è scritto, viene letto a Lino (finalmente ne conosciamo il nome) accendendo una luce… anche se piccola, dal boia della comunità.

Individui senza nome, un linguaggio che per molti scambi di  battute si limita a “oh”, “eh”, “mm” e poco altro, vita povera, dura, violenta, solitaria; questo è lo scenario in cui tutto viene narrato, con grande maestria da Gipi.


Sospetto ed azzardo una mia personale interpretazione (e se ho preso una cantonata, pazienza): viviamo in un mondo liquido, così dicono i grandi pensatori e proprio la nostra società liquida viene rappresentata in questa storia, attraverso il lago; che alla fine è anche l’interno mondo, attorno al quale, sul quale, si svolge ogni cosa. Sul lago vivono comunità di individui o individui solitari. Ancora una volta una rappresentazione della crescente solitudine dell’uomo come individuo, ma anche come comunità. Il linguaggio usato dai personaggi è anch’esso un rimando al nostro linguaggio che sta cambiando, stiamo forse tornando ad una comunicazione attraverso versi e poco altro? La crescente violenza che permea il tutto, anche questa potrebbe essere vista come un riferimento al nostro mondo, al nostro modo di vivere, di pensare, di dire le cose, di raccontarle.

Il finale però non è così cupo o violento… anzi…forse nell'abbraccio finale si vuole dare ancora una speranza a questo genere umano che ha già combinato cose terribili e sembra non voler proprio imparare. Da sopravvissuti che sopravvivono, la speranza è che i protagonisti, inizino a vivere.

Non mi addentro oltre, quanto piuttosto vorrei tornare alle parole che fanno da introduzione alla storia. Un senso, ora che si è letta tutta la vicenda per intero, iniziano ad assumerlo, anche se tante sono le domande che nascono: ma cosa è successo per ridurre il mondo a quel modo? Che ne sarà ora dei due ragazzi? Ci saranno altre comunità di sopravvissuti in giro per il mondo?...
Forse è proprio questa la grande forza di una bella storia. Non deve rispondere ad ogni possibile domanda. Deve forse far nascere nel lettore ogni possibile domanda e deve autorizzare il lettore a tentare delle risposte. Deve autorizzarlo a volare con la propria fantasia per visitare quel mondo e vedere se davvero ci sono altri sopravvissuti, se ci sono altre comunità organizzate. Deve autorizzarlo a viaggiare nel tempo ed a visitare quel mondo prima della fine, per scoprire cosa lo ha portato al mutamento.

Ora vi saluto, devo fare un viaggio con la fantasia in un mondo che sembra ruotare intorno ad un lago… devo fare un viaggio nel tempo…
E se la cosa vi sembra strana, al limite dell'impossibile, allora leggete "La terra dei figli", mi troverete in riva al lago... su una barca... 

Come sempre è giunto il tempo dei saluti e non mi resta che darvi appuntamento...

…al prossimo incontro!
LoShAmAnO

FUMETTO: Corto Maltese 11 - La laguna dei bei sogni

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Ho inizio una serie di recensioni fumettose su un personaggio che ha fatto la storia del fumetto in Italia e mi permetto di dire, non solo: il Corto Maltese di Hugo Pratt.
La collezione dei numeri di questo fumetto l'ho terminata almeno dieci anni fa ad un Lucca Comics and Games, ma non ho mai terminato di leggerla. Si tratta, per i più curiosi di voi, dell'edizione edita dalla Lizard Edizioni. Avete presente? Copertina completamente bianca, costola rossa nella sua parte terminale. Immagine di copertina piccola e colorata.
Con l’uscita della nuova avventura di Corto Maltese ad ottobre del 2015 (acquistata dal mio fumettaro di fiducia) mi sono deciso,  finalmente, a rileggere tutte le storie di questo fumetto, ed a condividere con voi qualche commento ed impressione.
Le altre recensioni finora proposte, le potete trovare a qui:
  1. Il Segreto di Tristan Bantam
  2. Appuntamento a Bahia 
  3. Samba con Tiro Fisso
  4. Un'aquila nella giungla 
  5. ... e riparleremo dei gentiluomini di fortuna
  6.  Per colpa di un gabbiamo
  7. Teste e funghi 
  8.  La conga delle banane  
  9.  Vudù per il presidente 
  10. Una ballata del mare salato

Parliamo dunque dell'undicesimo numero di questa serie: la laguna dei bei sogni.




Una laguna… un tamburo che rimanda un messaggio in tutta la giungla… il messaggio dice che c’è un bianco malato presso la laguna dei bei sogni e la reazione di Corto è nuovamente di quelle che ti lasciano con l’interrogativo: ma lo fa perché sente di dover rispondere al richiamo dell’avventura, lo fa per altruismo, o cosa?
Corto risponde a quel richiamo dicendo “Bisogna andare a vedere… non posso lasciare solo quell’uomo…”
Finora Pratt è stato davvero un maestro nel non dare indicazioni precise al lettore. Una volta ti sembra di aver capito il carattere e le sfaccettature del personaggio e la volta dopo lui si comporta nella maniera che meno ci si aspetterebbe.


Facciamo dunque la conoscenza del tenente Stuart, ufficiale dell’esercito inglese, che apparteneva al corpo dei volontari degli “Artist Rifles”. Corto vorrebbe portare via l’inglese, ma questo non ne vuole sapere. Ci viene spiegato dalle parole dello stesso protagonista che la laguna è piena di insetti, di febbre e di malattie, e viene detta dei bei sogni, perché quando si inizia a sognare, non si riesce più a smettere. Corto lascia quindi l’inglese con una medicina, chiedendo agli indigeni che sono con lui, di fargliela prendere ogni ora. Tornerà il giorno dopo.

Veniamo quindi a conoscenza della storia del tenente Stuart, che ha disertato la guerra in Europa, rubando tutti gli averi del reggimento, fuggendo così in America del Sud. Il suo rimorso ed il senso di colpa assumono le sembianze di un carrarmato tedesco che lo insegue.


L’inglese è dunque in pieno delirio da allucinazioni, e queste assumono natura diversa: il suo superiore in Francia, il colonnello Leighton, un fantino che cavalca un cavallo su sui Stuart vorrebbe scommettere i suoi averi per recuperare i soldi sottratti al reggimento, potendo così restituirli. Ed ancora: sua madre ed un’amica che prendono il the, il carrarmato tedesco di cui abbiamo già detto sopra ed un suo commilitone nelle trincee in Francia.
Durante quest’ultima allucinazione si consuma l’eroico attacco al mostro di ferro tedesco.
Stuart affronta così il suo senso di colpa.

Pratt ne approfitta anche per fare una sua personale riflessione sulla follia della guerra  e sul senso di nobiltà e poesia con cui questa viene presentata. Non è una riflessione esplicita, ma riaffiora tra la china della pagina del fumetto.


Ovviamente le allucinazioni non sono finite qui: Stuart incontra il comandante del carrarmato e la donna di cui è innamorato… quest’ultima la incontra in un cimitero di guerra… preludio alla morte dell’inglese.

Il nostro eroe, come promesso, si presenta l’indomani mattina, e trova il tenente Stuart morto. Lo seppellisce. Ma ancora una volta, nonostante Corto abbia agito davvero per nulla o in minima parte in questa vicenda, Pratt lo fa tornare protagonista della storia.
Stuart infatti stringe tra le mani un distintivo degli “Artist Rifle” che sul retro reca alcune scritte ed il simbolo della confraternita gitana di Spagna. Simbolo che la mamma di Corto portava tatuato sul palmo della mano.

Alzi la mano se c’è qualcuno di voi che leggendo un finale così non ha iniziato a fantasticare su possibili scenari futuri, storie, avventure, viaggi…

E con questo io avrei concluso di tediarvi. 
Non mi rimane altro da fare che salutarvi e darvi appuntamento...

... al prossimo incontro!
LoShAmAnO

FUMETTO - Goodbye Marilyn

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Iniziamo questo nuovoi anno, anche in questo antro digitale, e lo facciamo con una storia. Una storia a fumetti. Oggi vi vorrei raccontare di

Goodbye Marilyn

 
Storia e testi: Francesco Barilli
Disegni e colori: Roberta “Sakka” Sacchi
Becco Giallo Editore
2016



Prima di lanciarmi in qualche condivisione di annotazioni prese durante la lettura di questo fumetto o nate in seguito, vi vorrei raccontare di come questo libro è stato pubblicato sotto la licenza “Creative Commons”. Tale licenza enuncia, tra le altre cose, quanto segue: sei libero di condividere e diffondere quest’opera nella sua integrità, citandone sempre le fonti e gli autori e senza fine di lucro (www.creativecommons.it)
Ecco un bel modo per condividere davvero la cultura. Mettiamola così, questo incipit ci regala una bella panoramica sul progetto editoriale Becco Giallo e sul loro modo di concepire l’arte e la cultura.

Ma non lasciamoci distrarre troppo e torniamo a focalizzarci sulla storia. Per farlo vorrei partire con voi dalla copertina del volume.  Il mio primo commento, mentre prendevo appunti per queste quattro righe che sto scrivendo, recita: non mi ha colpito, non so se per il nero dello sfondo o per il biondo pallido della chioma della Marilyn ritratta o se per altro. Ora che scrivo questo post, però, dopo aver letto la storia, trovo che ne rispecchi perfettamente l’atmosfera. Il nero dello sfondo mi rimanda a tutto il volutamente non detto che c’è nella storia e proprio il biondo  pallido mi ricorda l’atmosfera di una foto ingiallita che racconta un tempo passato, ma non troppo. Proprio i due elementi che dapprima non mi avevano convinto ora sono indicativi ed evocativi di cosa mi ha lasciato questa storia. Curioso, non trovate?

Una piccola nota in merito all’edizione devo proprio farla: la grammatura della carta (si dice così vero?) è davvero notevole. I fogli sono spessi, sembrano quasi cartoncino spesso. Agli amanti della lettura dei libri cartacei, ai più feticisti tra costoro, posso dire che la sensazione di sfogliarlo è davvero piacevole.



Il primo passo all’interno del volume  ci regala subito con una citazione molto alta: Francesco Barilli cita il Pasolini del film “Rabbia”. La cosa potrebbe spiazzare, ma, come per la copertina, tutto avrà un senso alla fine.

Da un punto di vista strutturale la storia è suddivisa in nove capitoli, ben distinti tra loro, e ci condurrà per mano alla conoscenza di Marilyn, personaggio e persona (spero apprezzerete la distinzione tra questi due termini).

Prologo
In questa prima parte incontriamo una piccola fata che cammina su una corda tesa, ancorata chissà dove e chissà quando. Mi spiego meglio. Ovviamente la piccola fata è una versione onirica della protagonista, un sogno, un ricordo. La corda non è solo una linea che collega tra loro due punti nello spazio, ma due istanti del tempo. La città ai suoi piedi muta in una piccola casa isolata del passato. La piccola fata sempre in equilibrio, non cade e prosegue. La piccola fata si chiama Norma Jane.

Il ritratto
In questo capitolo gli autori ci raccontano l’idea che sta alla base del fumetto (bello e curioso, sul finale del volume, sarà andare a leggere il come è nata questa idea).
L’idea parte dall’assunto che Marilyn Monroe è ancora viva e vegeta, non appare più in pubblico e non rilascia interviste da una vita. Ha novant’anni. Un giornalista italiano decide che, nonostante tutti i suoi rifiuti a persone ben più importanti di lui, la vuole intervistare. O almeno ci vuole provare. Le scrive allora una lettera sincera e schietta, allegando un disegno della figlia. Ovviamente il tentativo colpirà la novantenne e l’intervista sarà concessa.
Non so bene come spiegarvelo, ma l’idea alla base della storia mi è piaciuta molto.

Diventare un mito…
Di questo capitolo vi vorrei segnalare il finale. Come dicevamo la novantenne Marilyn ha accettato l’intervista, ma rifiuta l’elenco di domande che erano state proposte come esempio, non è interessata ad alcuna biografia. Dice di non averne alcuna voglia e di non averne la forza. La parte che mi è piaciuta sia da un punto di vista letterario, sia da un punto di vista di espediente grafico adottato, è quella che segue.
Il giornalista le chiede: “Cosa ha fatto in questi cinquant’anni?”.
Marilyn le risponde in due vignette diverse, orizzontali:
 “Sono stata impegnata a diventare…
… un mito
L’espediente grafico che arricchisce una così brillante risposta è che nella prima delle due vignette la bocca della Marilyn che parla è quella della novantenne. Nell’ultima vignetta invece e l’iconica bocca colorata di rosso della Marilyn che tutti abbiano in testa.



Il successo
In questo paragrafo passiamo dall’affermazione della stessa diva che il suo maggior successo, il culmine della sua carriera è da considerarsi quello avuto durante il viaggio in Corea per cantare davanti ai soldati del fronte; ad un racconto di uno di questi ragazzi che assistette a quell’esibizione. Questa figura, questo soldato, questo ragazzo, diventerà una figura, in questa storia, che accompagnerà la Marilyn fatata nelle parentesi oniriche e dedicate ai ricordi ed alla memoria.

Happy birthday Mr. President!
Viene raccontato il celebre episodio degli auguri cantati a Kennerdy e l’ovvio argomento conseguente, l’amore con i fratelli Kennedy, viene trattato con molta eleganza. L’episodio storico e reale si mescola con quello del ricordo della Marilyn fatata.

Gli uomini e la bellezza
La cosa che mi ha colpito di questo paragrafo, è come la Marilyn raccontata, non è la stupida diva bella e svampita che fa mostra di sé e del suo elenco di fidanzati (ogni riferimento a gente del mondo dello spettacolo del mondo di oggi è puramente casuale); tant’è che l’unico uomo di cui parla è uno dei suoi suoceri. In questo episodio sembra davvero una ragazza normale… non fosse per il fatto che invece è Marilyn Monroe.

Una bambola di pezza
Questo capitolo può essere racchiuso in uno scambio di battute che qui vi riporto.

Lei non ‘sentiva’ di essere Marilyn Monroe?
No. Ero un’icona. Non potevo avere altro volto se non quello dell’icona stessa. Mai il mio capisce?

Ed ancora.
Ma la vita ti obbliga ad essere ad essere quello che gli altri pensano tu sia”.

Qualcuno potrebbe trovare scontate queste battute. Mi sento di dire che nel contesto in cui sono inserite lo sono molto meno di quello che si potrebbe pensare.

L’incubo della farfalla
Anche in questo caso mi sento di proporvi uno scambio di battute che la dicono lunga.
…Perché anche le farfalle hanno gli incubi sa?
Paura di morire?
Anche…” “… soprattutto, tornare ad essere un bruco”.

Praticamente l’intervista finisce con queste parole… ed al termine dell’intervista, particolare molto bello che mi è piaciuto molto, i ricordi (la fata ed il bel soldato) tornano a trovare Marilyn dopo molto tempo.

Una biografia sotto la buccia del mito…
In questo capitolo si propone la vita vera di Marilyn, si parla anche della morte di questa donna. Prendo qua e là alcuni particolari che mi hanno colpito.
Alcune delle foto che le sono state scattate (soprattutto quelle degli ultimi giorni di vita) vengono qui riprese da Roberta “Sakka” Sacchi e mutate in disegni.
L’immagine del cadavere di Marilyn, nel letto, di spalle, viene riproposto in tutta la pagina, in diverse piccole vignette, come nei celebri dipinti del primo piano della stessa, realizzati da Andy Warhol. Molto significativo e toccante.



Molto interessanti e chiarificatrici sono le note alla fine del libro. Si tratta di note bibliografiche, videografiche, elenco di siti internet da cui alcune informazioni sono state reperite, condite dalla spiegazioni di Francesco Barilli. Ho poi apprezzato i due paragrafi dedicati ai due autori, che non conoscevo.

Veniamo ora ai disegni di Roberta “Sakka” Sacchi. Lo confesso: quando ho sfogliato per la prima volta il volume, i disegni non mi hanno colpito in maniera particolare. Ora che sto scrivendo, mi rendo conto invece di quanto mi siano rimasti dentro. Vale in parte il discorso fatto inizialmente per la copertina. Potrei quasi affermare che con l’avanzare della storia sono diventati compagni di lettura imprescindibili. Ora spero di non dire qualche eresia (e se lo faccio, ve ne prego, abbiate pazienza): il tratto è quasi espressionista. Linee sovrapposte e ripassate a sottolineare delle ombre o delle particolari espressioni dei persoanggi. Un paesaggio di sfondo alle vignette quasi inesistente. Sostituito da fondali mono tinta. A volte rossi, o verdi o neri. A volte la scena nella vignetta viene messa in evidenza da un inquadratura circolare, come se fosse il fascio di luce di un faretto che lascia tutto il resto in ombra. L’impressione che i disegni e le scelte grafiche danno è quello di essere in uno studio cinematografico in cui tutto è finzione ed ogni parola detta, precedentemente scritta su di un copione, viene recitata.  In altre parti, in cui invece, una parte di sfondo ed ambiente circostante viene abbozzato, tale sensazione svanisce. Sono infatti le parti in cui viene maggiormente fuori una protagonista vera, in carne ed ossa e meno artista artificiosa.

In conclusione, un lavoro che non pensavo potesse piacermi così tanto (sono sincero). Mi ci sono approcciato con preconcetti ed aspettative, che i due autori, ognuno per la propria sfera di competenza hanno spazzato via. Non si tratta di un insieme di pettegolezzi, di inchieste o di materiale da rotocalco messo insieme sotto la falsa scusa di voler raccontare una storia. Abbiamo a che fare con una storia intima, che lambisce appena i superficiali argomenti del pettegolezzo, e quando succede, lo fa con eleganza. Più che la storia di una diva americana, di un’icona dell’immaginario occidentale, ho trovato che viene raccontata la storia di una donna. Una donna che era senz’altro diva e icona, ma era anche altro.
Davvero alla fine della storia sembra che qualcuno abbia scritto di una nostra amica, ed allora non posso non chiudere queste poche righe dicendo..

 “Goodbye Marilyn… ciao!”.

Ed ora saluto tutti voi e vi ringrazio per la pazienza dimostrata, per essere arrivati fino a questo punto nella lettura...
...al prossimo incontro!
LoShAmAnO

LIBRO - Dragonero: la maledizione di Thule

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Quest'oggi vorrei raccontarvi alcune impressioni su uno dei regali di Natale che ho ricevuto. si tratta del primo romanzo dedicato al personaggio fumettoso di Dragonero, che s'intitola...

La maledizione di Thule


Autore: Stefano Vietti
Editore: Mondadori
2016




Da buon appassionato di fumetti non posso non partire dalla copertina illustrata da Andrea Tentori Montalto. Meravigliosa nel disegno, nei colori, nell’inquadratura e nel suo complesso, nell’atmosfera che evoca. Non trovate? Vi riporto, per appagare il vostro sguardo, l'intero lavoro di cui la copertina è solo un estratto.



Stefano Vietti dimostra di essere a suo agio sia con il mondo della sceneggiatura per il fumetto, sia con il romanzo. Nel suo complesso infatti, il libro è buono, si legge davvero con velocità, con scorrevolezza, con capitoli ben distinti tra loro, che spesso (penso che l’esperienza del fumetto sia stata decisiva per questo), terminano, dopo un crescendo, lasciando l’azione in sospeso, per venire ripresi solo in seguito. Un ottimo espediente che naturalmente invoglia alla lettura.

Le vicende narrate si vanno ad incastrare in maniera più che logica all’interno dell’universo narrativo di Dragonero e del fumetto seriale edito dalla Sergio Bonelli Editore. Azzardo per giunta che le vicende narrate potrebbero tranquillamente essere trasposte in un bel fumetto, magari doppio, della serie regolare.

Aggiungo poi che, nonostante le belle descrizioni che vengono fatte di Ian Dragonero, Gmor l’orco, Sera la piccola elfa e Alben il luresindo, per coloro che hanno letto o leggono il fumetto, la visualizzione immaginaria degli stessi sia indubbiamente più semplice.



Delle vicende narrate, mi è piaciuta moltissimo la struttura data all’intera storia. Prima si narra di Alben da solo e della sua scoperta di cosa sta succedendo a Thule e dell’esistenza di Caen; poi vengono introdotti Ian, Gmor e Sera, alle prese con un problema a Solian. Poi le vicende narrative si uniscono e tutti proseguono insieme verso la prigione di Loenia, presso Malagan, poi nuovamente il gruppo si divide, ma con nuove formazioni, Ian e Gmor inseguono la reietta, mentre Alben e Sera si recano verso la fortezza abbandonata dei Cenobiti Jikima. E poi tutti di nuovo insieme per il gran finale. Sebbene abbia trovato alcuni capitoli narrati in maniera sbrigativa (non sto dicendo che siano brutti, tutt’altro, proprio perché mi sono piaciuti credo mi sarebbe piaciuto leggere ancora altro legato alle vicende narrate. Magari più particolar) ho apprezzato molto la caccia a Loenia la reietta, e l’avventura di Alben e Sera nella fortezza segreta dei Cenobiti Jikima, Ras Jeben.





Altro particolare di tutta la lettura che ho apprezzato moltissimo, e che mi piace quando viene anche riportato nel fumetto seriale, è la presenza della mappa ad inizio e fine libro. Una mappa di ottima fattura, dettagliata, ma al contempo leggibile, che permette (come piace fare a me) di seguire gli spostamenti ed i luoghi dove si trovano, etc.

Nel complesso dunque, una buona lettura!


...al prossimo incontro!
LoShAmAnO


D&D: consigli per Dungeon Master #29 - Matthew Mercer #4

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Tempo addietro ho scoperto  una serie di video di partite di D&D di un gruppo di giocatori, il cui gruppo di gioco prende il nome di Vox Machina. Probabilmente li conoscerete come Critical Role.

Alcuni link per i vostri approfondimenti:
Il loro Master Matthew Mercer, talentuoso giocoliere con la propria voce, guida il gruppo con notevole abilità. Matt (lo chiameremo così d'ora in poi vista l'ormai confidenza che c'è tra noi), ha iniziato anche a produrre una serie di brevi video sul ruolo del DM.
Oggi Matt è venuto, per la terza volta, presso l'aNtRoDeLLoShAmAnO per prensentare un nuovo video di questa serie.

Gli altri video di questa serier li potete trovare cliccando i link che vi riporto qui di seguito:


Per coloro che non conoscono l'inglese, vi proporrò un sunto tradotto di quest'ultimo video(non me ne vogliate, come sempre, se traduco io con il mio inglese shamanico).

Buona visione e/o buona lettura.




Quest'oggi Matt ci presenta qualche indicazioni per organizzare e preparare al meglio i cosiddetti "incontri sociali", per distinguerli da quelli di puro combattimento con le armi.

Ebbene sì. Ricordate a voi stessi, come DM, ed ai vostri giocatori, che non tutte le battaglie vanno combattute e soprattutto che non tutte quelle che vanno combattute vanno affrontate con le armi.
Possono essere creaeti dal DM degli incontri prettamente diplomatici, di spionaggio o investigativi.
Nella preparazione di in "incontro sociale" (non di combattimento) Matt suggerisce di pensare alla finalità che deve avere questo incontro. Ma soprattutto suggerisce che questa finalità deve essere chiara al DM (prima di tutto), ma anche ai giocatori.

Altro suggerimento in questo genere di situazioni è quello di cercare di essere molto diretti. Soprattutto in merito alle informazioni che i vari PNG daranno al gruppo. A tal proposito sarebbe opportuno che il DM avesse chiari, per ogni PNG, i propri obbiettivi, in modo da non fare confusione. Dato che questo punto richiede una certa dose di preparazione personale e di allenamento, per agevolare questo compito ecco il prossimo suggerimento.

Preparare una lista di informazioni, che in quella particolare circostanza, ogni PNG potrebbe avere, è sicuramente d'aiuto. Se poi volete essere più scrupolosi decidete anche, in base alle motivazioni ed agli obbiettivi di ogni PNG, se quelle informazioni saranno vendute ad un giusto prezzo, saranno condivise liberamente con i PG o altro ancora.

Se poi nella storia e nell'incontro che si sta preparando ci sono coinvolte delle fazioni, delle gilde, etc. molte di queste alleanze o inimicizie potrebbero non essere pubbliche e quindi potrebbero rendere l'incontro ancora più interessante.

Pensate ad un gruppo che sceglie una delle fazioni in lotta, automaticamente schierandosi contro un altro, etc.

In questo genere di incontri, o prima o a valle di essi, potrebbe essere interessante trovare il momento giusto per alzare la posta in gioco. Pensate per esempio, a valle di un incontro se, mentre il gruppo è tranquillo per la strada che passeggia, un perfetto sconosciuto li attaccasse; cosa succederebbe? O cosa succederebbe se il PNG che ha appenda dato al gruppo, ed è stato visto da tutti nella taverna con il gruppo, all'uscita della stessa venisse trovato morto, assassinato?

Occorre poi pensare molto bene alle conseguenze: è vero che una chiacchierata nell'immediato potrebbe non avere molti impatti, o lo schierarsi con una fazione potrebbe non avere ripercussioni immediate. Ma cosa succederà se si osservano gli eventi con una scala temporale più grande? Pensate alle ripercussioni degli eventi che sta vivendo il vostro gruppo. Il rubare un oggetto o l'aver smascherato una spia potrebbero essere situazioni interessanti con ripercussioni a lungo termine per il gruppo.

Incontri che non prevedono combattimento e che non prevedono socialità potrebbero essere usati per far usare e migliorare le abilità meno usate dai PG.

Ricordatevi poi che molti degli incontri cosiddetti sociali e molti di quelli non-sociali, possono diventare (e spesso lo diventano) incontri di combattimento. Pensate anche a questo quanto preparate un incontro di questo tipo. DM avvisato, DM mezzo salvato!


E con questo anche oggi abbiamo terminato.

Grazie Matt...davvero molto interessante...

...al prossimo incontro!
LoShAmAnO






FUMETTO: Nathan Never 305 - Il viandante

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Se siete qui è perchè sapete che in questo antro digitale si raccontano storie, si custodiscono storie. Storie di ogni genere. Oggi vorrei parlarvi di una storia a fumetti. Oggi vi vorrei raccontare di...

Nathan Never 305
“Il viandante”



Soggetto e sceneggiatura: Riccardo Secchi
Disegni: Ivan Calcaterra
Copertina: Sergio Giardo
Lettering: Alessandra Belletti

Come sempre, cerco di partire, per condividere con voi qualche nota su questa storia, dalla copertina. A me è piaciuta molto, sia nello studio e nella posizione dei personaggi, con Kwai Chen che sovrasta Nathan Never, sia nella scelta dei colori, che rendono freddo e glaciale Kwai Chen. Mettiamola così, già dalla copertina si può intuire qualche cosa della storia stessa; ed in fondo, non è questo il fine ultimo di una copertina?


A questo punto credo si debba fare un doveroso passo indietro per inquadrare questa storia. Abbiamo appena terminato (?), con il numero 304, la sottotrama riguardante Omega che i tre papà di Nathan Never, proprio loro, hanno voluto scrivere per chiudere alcuni discorsi lasciati aperti. Nel finale di questa piccola grande saga, che personalmente mi ha stupito e non poco, troviamo  l’introduzione degli Eterni (omaggio a Jack Kirby) e la morte del Nathan Never che conoscevamo con l’inizio di una nuova realtà parallela. Insomma, quello che troviamo in questa storia è Nathan Never e non lo è al contempo (sembra quasi un implicito riferimento all’uomo quantico, fondamentale nella saga appena citata).


Partendo da queste note mi preme dirvi che mi aspettavo una storia tutta arti marziali e scazzottate, ed invece, in pieno accordo con quanto detto, mi sono ritrovato per le mani una storia intimista, una storia in cui un Nathan Never che sembra essere quasi bloccato, sta cercando se stesso.

Questa storia è solo la prima di due e pone delle solide basi per quello che leggeremo nel prossimo numero.


Una storia in cui il tema del viandante lo troviamo in Kwai Chen, maestro di Nathan Never presso il monastero Shaoling, che compie due insensate stragi, camminando e girovagando per il settore orientale. Lo ritroviamo nel nome della tecnica di uccisione utilizzata da Kwai Chen. Lo ritroviamo nella stessa figura di Nathan Never, che cammina interiormente alla ricerca di quel se stesso che sembra smarrito (morto sulla terra di una realtà parallela). Il suo rapporto con la sua nuova frequentazione è bloccato dal suo mutismo, la sua ricerca interiore, generata da non poca confusione, viene sottolineata anche dall’accettare e poi abbandonare il caso per poi aiutare Brakko a portarlo avanti.


Lo stesso Kwai Chen, quando incontra Nathan Never, lo definisce vuoto.

Riccardo Secchi ci consegna davvero una bella storia di formazione, in cui, ancora una volta, l’avventura è più interiore che esteriore (sebbene l’azione non manchi mai in Nathan Never, non fraintendetemi), lo sottolineano anche le molte pagine piene di baloon dedicate a dialoghi o pensieri.

Grazie poi al rapporto molto forte che lega Kwai Chen e Nathan, ci tuffiamo ancora una volta nel difficile passato dell’eroe, o almeno in alcune sue periodi.


In merito ai disegni, devo dire, che ho apprezzato molto la scelta di Ivan Calcaterra, le sue vignette molto dettagliate, molto ricche, piene (sono davvero poche quelle in cui lo sfondo e l’ambiente circostante non sono caratterizzati e dettagliati), si associano bene, anche per contrapposizione, allo stato d’animo del personaggio (per l’appunto, pieno, ma un pieno esagerato, quasi sovraccarico e per questo diseguilibrato).


Ed ora i saluti finali, solo per darvi appuntamento alla prossima storia e...

...al prossimo incontro!
LoShAmAnO
 

FUMETTO: Nathan Never 306 - Abisso di dolore

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Nathan Never 306
“Abisso di dolore”


Soggetto e sceneggiatura: Riccardo Secchi
Disegni: Sergio Giardo
Copertina: Sergio Giardo
Lettering: Alessandra Belletti

La seconda parte delle vicende narrate in questa storia, proseguono sulla falsa riga di quanto già raccontato nel numero 305, “il viandante” (mettere link). Già partendo dalla copertina si ha il medesimo sentore. La tavola di colori riprende gli stessi della copertina del numero precedente, e possiamo dire che anche i personaggi che lo compongono sono gli stessi: Kwai Chen e Nathan Never.


La cosa che cambia è l’atmosfera della copertina. Non troviamo più un Kwai Chen grande, che sembra sovrastare Nathan, i due sono uno di fronte all’altro, come a fronteggiarsi, rispettosi. I due viandanti del numero precedente sono giunti ad una tappa dei loro rispettivi cammini. La  copertina ci suggerisce anche un rimando al passato dei due protagonisti, che poi, effettivamente, ritroveremo pesantemente durante tutta la storia.


La storia narra il completamento di quel cammino personale che Nathan Never ha intrapreso nel numero precedente. Le parole del maestro, che lui tanto rispetta, che lo definivano “vuoto”, lo hanno colpito profondamente, ma lo hanno anche smosso. Prende in mano la situazione e parte.


Molto “bello” e “vero” il Nathan che va a trovare la donna che frequenta, Angela Montichiari, prima di partire e lascia a lei tutte le opportune disposizioni in caso di un mancato ritorno, dicendole “…sei l’unica persona che ho vicina…”.


La maggior parte della storia è un alternarsi tra allenamenti “marziali” per riempire il vuoto interiore e spirituali, di presa di consapevolezza di un passato sfuggito troppo a lungo, che occorre codificare mettendolo nero su bianco. Nathan scrive e racconta la sua esperienza passata, dall’arrivo al monastero, arrabbiato con il mondo e violento, alla presa di consapevolezza di sé e degli indifesi che hanno bisogno di un difensore, all’arrivo al monastero di Raiser e Legs (ah che ricordi!).


Compiuto il percorso che ridona equilibrio e forza al nostro eroe, quest'ultimo libera Kwai Chen, che nel frattempo è stato catturato dalla polizia, e lo conduce sulle rovine del primo tempio Shaolin. Qui i due in qualche modo si chiariscono ed il maestro, insegnando all’allievo l’ultima tecnica, quella del viandante, chiede allo stesso di applicarla su di lui. Nathan Never esegue senza troppe esitazione quando richiesto dal maestro.


E si conclude così la storia, con un ritrovato equilibrio, in se stesso e nel relazionarsi con il mondo al di fuori.

La storia consegnataci da Secchi, è davvero notevole. A tratti potente, tanta è l’oscurità che aleggia su Nathan, tanta è la forza con cui cammina per liberarsene. Ripensandola nella sua interezza, l’evoluzione del personaggio, dalla prima vignetta all’ultima, colpisce, ha qualcosa di vero.


I disegni di Sergio Giardo, nella loro pulizia, credo rispecchino a pieno la sensazione di ritrovato equilibrio che la storia vuole dare. Il personaggio non è più pieno di dubbi e pensieri, al limite del traboccante, quanto piuttosto ripulito da tutto ciò; e trovo che il tratto di Giardo sia azzeccatissimo per l’atmosfera raccontata.

Il bilancio di questi due primi numeri di questo “nuovo” corso è più che positivo e credo siano davvero un bel biglietto da visita per chiunque si avvicini a Nathan Never per la prima volta.


Ed ora i saluti finali, solo per darvi appuntamento alla prossima storia e...

...al prossimo incontro!
LoShAmAnO
 

FUMETTO – Il suono del mondo a memoria

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Oggi è un giorno davvero particolare, perchè si parlerà di una delle più belle storie che ho letto ultimamente. Lo so che starete pensando... "e chissene...", ma per me è così. Eccomi dunque qui. Oggi vi vorrei raccontare di...

Il suono del mondo a memoria



Autore: Giacomo Bevilacqua
Editore: Bao Publishing



Partiamo da una banale e molto molto concreta considerazione, per i più feticisti da libro stampato: come solitamente succede per i volumi della Bao Publishing, la storia in oggetto è racchiusa in un elegante volume cartonato. Di pregevole grammatura la carta utilizzata. Di notevole eleganza il mare di bianco in cui è scivolata l’immagine che compone la copertina.
La pesantezza della grammatura si rispecchierà nel peso specifico di questa storia. L’eleganza riscontrata nella presentazione del volume avrà un riscontro nel modo di narrare di Giacomo Bevilacqua, autore che non conoscevo e che mi ha convinto a pieno.

Apprezzatissime, dal sottoscritto, sono state le frasi riportare in quarta di copertina ed in quella che penso si possa considerare l’introduzione alla storia (le trovate qui sotto).


Questa è la prima opera di Giacomo Bevilacqua a colori e se non ho letto male si tratta anche della sua prima “graphic novel”. Se questo è solo l’inizio, allora dobbiamo aspettarci davvero future produzioni di alta qualità.
Personalmente, per quanto possa valere la mia opinione, la presente è una delle più belle storie lette nell’ultimo periodo. Bella di una bellezza che ha il sapore della vita vera. Bella come le storie che poi alla fine ti sembra di essere diventato un amico del protagonista e ti senti partecipe dei suoi avvenimenti. Bella come quando un racconto di coinvolge a tal punto che ti sembra di sentire i profumi degli ambienti che vengono descritti, anche se a questi sapori non si accenna nel testo o nelle immagini. Bella come le storie profondamente delicate. Bella come le storie che non vedi l’ora di girare pagina per cercare di capirci qualcosa in più. Bella come quelle storie che quando pensi di aver capito come stanno le cose, è il momento in cui l’autore ti spiega che non avevi capito.



La storia racconta alcuni giorni della vita di Sam, fuggito a New York, come suo solito dopo un periodo difficile della sua vita. Non vi voglio raccontare altro della trama. Nulla. Non sarebbe giusto.

Alcuni espedienti grafici usati dall’autore sono bellissimi. In particolare segnalo le pagine dalla 30 alla 35, tra quelle che davvero mi hanno colpito di più. Ogni pagina ha una sua personale gabbia. Alle volte fatta anche solo di una vignetta relativamente grande, appoggiata sul bianco della pagina. I vari capitoli in cui è suddivisa l’opera sono tutti di lunghezze differenti, quasi a voler rappresentare che il tempo scorre in maniera profondamente differente se confrontato di giorno in giorno. Ci sono giorni in cui sembra volare, altri in cui sembra rallentare. Durante una stessa giornata il tempo scorre in tempi diversi a seconda degli attimi della vita che ci si trova innanzi. Ed anche in questo Giacomo Bevilacqua è molto bravo. Il ritmo cambia da una pagina all’altra con maestria.
Man mano che si procede nella storia, man mano che si voltano le pagine, si scava sempre più a fondo nel fare conoscenza con il protagonista.


Una delle cose che trovo grandi in questo fumetto è il fatto che anche l’ambientazione in cui si muovono i personaggi ha un ruolo, non è per nulla passiva, non è per nulla una cornice in cui questi si muovono. La città è protagonista al pari di Sam. Entrambi giocano le proprie carte.

Il finale vi sorprenderà e vi lascerà con un buon gusto in bocca. Avrete una strana sensazione ai polpastrelli che avrete usato per voltare le pagine. Avrete gli occhi che sorrideranno. Tornerete a sentire i suoni del mondo che vi circonda e solo in quel momento scoprirete di essere stati da un’altra parte. Le cose e le persone intorno a voi, sapranno di buono, avranno un profumo che ricorderà qualcosa che pensavate dimenticato.

Leggere per credere!|

...al prossimo incontro!
LoShAmAnO
 

FUMETTO – Dragonero 43: l’orrore di Teoan

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Dragonero 43
L’orrore di Teoan


Soggetto e sceneggiatura: Stefano Vietti
Disegni: Alfio Buscaglia
Copertina: Giuseppe Matteoni
Lettering: Marina Sanfelice

Parto come mio solito dalla copertina che ho trovato bellissima nella concezione e nel disegno, leggermente meno nella scelta dei colori, ma questo è solo gusto personale.



L’intera vicenda si svolge a Teoan, un’isola a trenta miglia di fronte a Solian e facente parte delle repubbliche indipendenti. In questa storia ci sono da segnalare alcune particolarità, la prima è che i protagonisti dell’azione sono Ian (ovviamente) e Sera. Ebbene sì, la piccola e giovane elfa gioca un ruolo fondamentale in tutta questa vicenda (finalmente, mi permetto di dire io). Veniamo a scoprire poi il perché l’Impero non abbia ancora annesso i territori delle repubbliche indipendenti. Sembra infatti che queste nascondano un segreto in un qualche luogo nascosto e solo i sindaci delle stesse, al momento della loro elezione, vengono messi al corrente di tale segreto.

Mi piace molto questo snocciolare notizie ed informazioni legate all'ambientazione dell'Erondar, all'interno delle storie.

Scopriamo poi, già nell’introduzione di Luca Barbieri (da cui prendo spunto), che cosa sia il Trahecarde attorno al quale ruota l’intera vicenda. In lingua antica, Trahecarde significa “le carte che indicano la via”. La loro magica lettura (che solamente in pochi sono in grado di effettuare e comprendere), detta “divinazione”, ben lungi dallo svelare semplicemente il futuro, scatena invece forze soprannaturali che da quel momento in poi agiscono soltanto per rendere possibile ciò per cui sono state evocate. In questo caso la storia fa riferimento ad un divinazione che si è svolta Teoan molto tempo addietro, per colpa della rivalità tra due potenti famiglie.


Altra particolarità della storia è il come Ian cada sotto l’influsso magico di Rea Covenant, sindaco di Teoan, che lo ammalia, lo affascina e lo rende un burattino, un cavaliere pronto a fare qualsiasi cosa pur di salvare la sua bella, anche abbandonare Sera durante un attacco notturno.

Da giocatore ed appassionato di D&D, credo che questa sia una delle più belle e riuscite rappresentazioni del funzionamento e delle conseguenze dell'incantesimo dello Charme. 


Ma torniamo alla storia: Sera diventa la protagonista di questa vicenda nel momento in cui, capisce cosa sta succedendo, sospetta e non si fida di Rea.  Nel momento dell’abbandono da parte di Ian prende le redini della faccenda, trova le carte del Trahecarde e scopre cosa sia veramente successo in passato, e mette a posto le cose (salvando Ian che era già stato scagliato contro le forze demoniache in gioco).

La cosa forse più interessante che conferma ancora una volta, se ce ne fosse bisogno, la bravura di Vietti, è il finale.  Il finale lascia il lettore con una curiosità crescente senza pari. Ian porta le carte ad una vecchia Zagara che conosce le vicende passate di Teoan e svela la rivalità tra le due famiglie e gli sviluppi che ne seguirono; ma cosa ancora più importante, propone a Ian una divinazione e fa scegliere a Dragonero una carta… che noi lettori non vediamo, ma a lui dice molto…



Finale molto molto bello.

Dei disegni di Alfio Buscaglia posso dire poco. Leggeri e lineari nella loro pulizia, a tratti spigolosi, rendono bene le atmosfere della storia. Mi sono piaciuti molto i vari primi piani che dedica ai protagonisti, da inquadrature differenti.. Un bel tratto che ho apprezzato molto.

Ed ora, come sempre, i saluti finali, solo per darvi appuntamento...
...al prossimo incontro!
LoShAmAnO

FUMETTO: Nathan Never 307 - Abisso di dolore

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Nathan Never 307
Figli della violenza


Soggetto e sceneggiatura: Riccardo Secchi
Disegni: Ivan Zoni
Copertina: Sergio Giardo
Lettering: Alessandra Belletti

La copertina dell’albo in questione, un’altra bella opera di Sergio Giardo, mi ricorda tantissimo la locandina di un film, come impostazione dei personaggi, colori, etc.
Dunque non mi sono sorpreso molto quando, nell’introduzione di Luca Del Savio, si fa riferimento alla fonte ispiratrice da cui Luca Secchi ha tratto il bandolo della matassa che costituisce il nucleo centrale della storia: la serie TV Wire.


Personalmente non la conosco, non l’ho mai vista (dovrò colmare la lacuna vero?), ma la descrizione che ne viene fatta (a grandi linee ovviamente) –“Un racconto corale, fortemente calato nella realtà violenta delle strade di Baltimora, Maryland, con tanti personaggi e numerose linee narrative che vanno via via intrecciandosi, finendo per comporre, davanti agli occhi dello spettatore, un affresco ricco quanto crudo, avvincente e realistico.”- viene pienamente rispecchiata dalla storia scritta da Secchi.


Secchi ci racconta, partendo da una situazione di forte disagio nel secondo livello della città est, subito dopo le elezioni di una nuova sindaca, una storia di singoli e di comunità, una storia di violenza e di degrado, una storia, almeno in questa prima parte (saranno tre in tutto), in cui si cercano di gettare dei semi di speranza.
Ovviamente però Secchi non tralascia l’avventura. Le vicende difficili descritte sopra, fanno da contorno (ma poi neanche tanto, nel senso che a volte la fanno da protagoniste) ad un indagine condotta dalla coppia Nathan Never e Legs. L’indagine però si mescola e si intreccia con le vicende dei tanti personaggi comprimari che i due incontrano.

Le tante storie che vengono descritte, le tante sottotrame (legate ai singoli personaggi) che vengono presentate, sembrerebbero disgiunte le une dalle altre, se non fosse per il legame di degrado e di violenza che le unisce. C’è però da dire che Secchi è molto bravo nell’alternarle e nel farci assaporare un legame tra di esse che va oltre la comune provenienza o vicinanza a situazioni difficili.


Alcune note a margine: non mi dispiace il ruolo sociale che viene affidato a Nathan e Legs in questo numero. Non mi dispiace che non ci siano grandi pericoli da affrontare in cui viene fuori la parte supereroistica dei due. Mi piace l’aspetto quotidiano che si respira. Ho davvero apprezzato l'intrecciarsi delle vite dei quattro ragazzi, con quella di Nathan e Legs, con quella dell'indagine, con quella della nuova politica scolastica voluta dalla nuova sindaca, etc. Un intreccio di storie davvero ben scritto. Secchi riesce, in tutto l’intreccio di linee narrative, a mostrarci anche il progredire della relazione tra Nathan e Angela Montichiari.

Se le altre due storie manterranno lo stesso ritmo e la stessa falsa riga di questa ve lo racconterò prossimamente, sicuramente vi dico fin da ora, che me lo auguro proprio.

…al prossimo incontro!
LoShAmAnO

FUMETTO – Dragonero 44

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Dragonero 44
Il dio cannibale


Soggetto e sceneggiatura: Luca Enoch
Disegni: Emanuele Gizzi e Francesco Rizzato
Copertina: Giuseppe Matteoni
Lettering: Marina Sanfelice

La copertina è meravigliosa, sia nella sua impostazione, sia nei colori, sia nei disegni. Più la osservo più la mente vola ai grandi complessi sacri nel bel mezzo delle foreste indiane, indocinesi o centroamericane.  Un plauso davvero a Giuseppe Matteoni per il risultato conseguito.



All’interno delle “Cronache dell’Erondar”, rubrica iniziale curata dal sempre puntuale e preciso Luca Barbieri, troviamo anche questa volta un’interessante introduzione all’ambientazione in cui si svolge la storia, cosa che rende il lettore decisamente più consapevole di tutto quel non detto che comparirà nella storia a seguire. È superfluo dire che trovo la rubrica molto utile e davvero ben condotta.


Un’interessante nota che mi sento di sottolineare, proprio da questa introduzione, è come la magia dei Luresindi sia in qualche modo legata a doppio filo con il culto dei Khame. Nei luoghi dove tale culto è meno forte, laddove le popolazioni locali adorano altre divinità, la magia dei Luresindi è meno potente, dove addirittura nulla. Le divinità adorate in questi luoghi ameni e periferici rispetto al potere imperiale (che impone il culto dei Khame), possono arrivare a prendere forma fisica e camminare in mezzo agli uomini. Quando questo succede, le foreste bruciano e le città crollano. nota interessante e particolarmente evocativa.


La vicenda di questa storia si svolge nelle foreste dei regni meridionali Haresamudri.


Ian si trova su un aereonave che viene attaccata da un gruppo indigeni, che cercano di abbordare la nave. Lo so che starete pensando: ma ha appena detto che Ian è su un aereonave… come possono gli indigeni abbordarla? Ho trovato bellissimo tutto lo stratagemma inventato da Luca Enoch per descrivere l’abbordaggio. Davvero bello e geniale.

Scopriamo dopo questo primo momento avventuroso che Ian, insieme ad altre quattro persone, sono diretti ad un punto particolare della foresta, raggiunto il quale si calano a terra per proseguire a piedi.
Il luogo che stanno cercando è un tempio, ormai abbandonato, ed in particolare il gruppo sta cercando una statua. La statua di Mwangamizi, il distruttore, divinità adorata dal popolo dei Whalijenga, i pitturati. Per quanto il luogo sia abbandonato da molto tempo, per quanto il culto del distruttore sia stato spazzato via, la statua, all’approcciarsi di Ian e del suo gruppo, ancora mormora.

A questo punto la storia ci racconta una vicenda successa dieci anni prima che aiuterà a fare chiarezza in merito al perché Ian e soci siano in quel luogo.


In questa vicenda antecedente, Ian ci viene presentato come un cadetto dai capelli corti, schiantatosi con un’aereonave sulla quale prestava servizio, nella medesima foresta. La vicendaè semplice. Ian ed un altro compagno sopravvissuto, salvarono i compagni rapiti dalla tribù dei pitturati, che stavano per essere sacrificati proprio al distruttore, che per un attimo riuscì a prendere forma fisica.
Di tutta questa vicenda vi segnalo la presenza di un collega, un altro sciamano, che aiuta Ian. Vi segnalo un bel dialogo tra Ian e delle cacciatrici indigine, laddove queste ultime parlano una loro lingua, che non ci viene tradotta, per cui anche noi come lettori, così come Ian, non capiamo nulla di quello che viene detto. Altro punto importante di tutta questa vicenda passata, è il fatto che il compagno che agì con Ian, venne divorato dalla statua del distruttore.

La vicenda torna poi al presente. Ian ed i compagni, che si scoprono essere proprio i quattro salvati dal sacrificio umano, dieci anni prima, sono tornati per recuperare il loro compagno, che effettivamente trovano all’interno della statua, che viene poi definitivamente distrutta.

Una vicenda interessante perché approfondisce, tra le righe di una vicenda puramente avventurosa, una parte di ambientazione delicata, profonda e di particolare attualità, come può esserlo l’aspetto religioso.

La parte di disegni, affidata ad Emanuele Gizzi e Francesco Rizzato, è particolarmente ben fatta. Ho apprezzato molto il tratto graffiato di Gizzi nella prima e nell’ultima parte, quelle che raccontano il presente, e ci sono poi alcuni passaggi particolarmente evocativi nei disegni più oscuri di Rizzato, nel racconto delle vicende passate.

Una storia promossa? Certo che sì!

...al prossimo incontro!
LoShAmAnO

FUMETTO: Corto Maltese 12 - Nonni e Fiabe

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Ho inizio una serie di recensioni fumettose su un personaggio che ha fatto la storia del fumetto in Italia e mi permetto di dire, non solo: il Corto Maltese di Hugo Pratt.
La collezione dei numeri di questo fumetto l'ho terminata almeno dieci anni fa ad un Lucca Comics and Games, ma non ho mai terminato di leggerla. Si tratta, per i più curiosi di voi, dell'edizione edita dalla Lizard Edizioni. Avete presente? Copertina completamente bianca, costola rossa nella sua parte terminale. Immagine di copertina piccola e colorata.
Con l’uscita della nuova avventura di Corto Maltese ad ottobre del 2015 (acquistata dal mio fumettaro di fiducia) mi sono deciso,  finalmente, a rileggere tutte le storie di questo fumetto, ed a condividere con voi qualche commento ed impressione.
Le altre recensioni finora proposte, le potete trovare a qui:
  1. Il Segreto di Tristan Bantam
  2. Appuntamento a Bahia 
  3. Samba con Tiro Fisso
  4. Un'aquila nella giungla 
  5. ... e riparleremo dei gentiluomini di fortuna
  6.  Per colpa di un gabbiamo
  7. Teste e funghi 
  8.  La conga delle banane  
  9.  Vudù per il presidente 
  10. Una ballata del mare salato 
  11.  La laguna dei bei sogni
Parliamo dunque del dodicesimo numero di questa serie: nonni e fiabe.


Storia ambientata nella foresta, in Perù. La storia inizia subito con l’azione di una rissa, su di un battello che sta portando Corto, Levi Colombia e Steiner vicino a Borja, per una proposta d’affari che Levi Colombia ha fatto a Corto. La rissa ci porta subito dentro la storia, perché, anche se il lettore non lo sa, quest’inizio verrà ripreso in seguito. Non capiamo, o meglio, non ho proprio capito se alla fine Corto abbia picchiato Mendoza perché ha giocato contro di lui con dei dadi truccati (come sostiene lo stesso Corto) o perché Mendoza è uno schiavista (come sostengono Steiner e Levi Colombia).


Questa mia sospensione del giudizio è senz’altro dovuta alla grande bravura del narratore Pratt, che attraverso di essa sottolinea ancora una volta un’altra sfaccettatura del carattere di Corto che ritorna spesso. Si tratta di un buono o di uno che alla fine pensa solo ai fatti suoi? Facilmente, nessuna delle due cose.

Levi Colombia ha dunque incaricato Corto, per conto del dottor Stoner di cercare il nipote di quest’ultimo. Rimasto orfano, suo padre Nathan (figlio di Stoner) e sua mamma (un’indigena) sono morti ed ora il giovane vive con il nonno materno, tale Marangwè. Stoner vorrebbe prendersi cura del nipote. Presso Borja i nostri incontrano Stoner ed anche padre Sullivan, missionario francescano davvero particolare. Proprio con quest’ultimo Corto scambia quattro chiacchiere e viene fuori che sembrerebbe esserci una mappa per raggiungere la città dorata (l’Eldorado, che fa un poco da sfondo ai pensieri di Levi Colombia ed anche di Corto). Tale mappa sembrerebbe essere a Venezia, esposta in una chiesa. Tali rivelazioni sicuramente ci regaleranno un’altra avventura.


A Borja Corto incontra un indigeno venuto per scambiare merci che sta tornando al villaggio e si offre come guida. Corto lo soprannomina “Saltafossi”. Ovviamente arrivati al villaggio c’è il colpo di scena. Il villaggio è vuoto, sono rimasti solo i morti. Saltafossi parla degli schiavisti ed in particolare di Mendoza, che tra le tante cose brutte che sta facendo nella foresta, ha anche ucciso sua figlia e suo marito… Saltafossi è in realtà Murangwè. Corto e l’indigeno si mettono alla ricerca di Mendoza e ne intercettano la barca.

Murangwè non uccide lui Mendoza, si limita a bloccarlo ed a tagliargli il palmo della mano, da cui sgorga copiosamente il sangue, per poi gettarlo nel fiume… un fiume pieno di peschi piranha.

I prigionieri vengono liberati, compreso il ragazzino, Murangè sopravvive alle ferite mortali infertegli da Mendoza, grazie anche a Stoner. Stoner si trasferirà a Borja per stare più vicino al nipote.


Ho apprezzato il fatto che la storia non sia finita con la supremazia occidentale sul mondo indigeno. Sono contento e mi è piaciuto che la storia non sia terminata con Stoner che si porta via il ragazzino perché il modo di vivere occidentale è migliore di quello indios. Ho apprezzato questo particolare. Che dire poi del nostro eroe. Ancora una volta si rivela come una persona di cuore, ma anche cinica, avventurosa ma anche disinteressata. Una continua contraddizione che però lo rende assolutamente reale.

Per ora vi saluto e come sempre vi dico...

...al prossimo incontro!
LoShAmAnO 


FUMETTO - Nathan Never 308: la scuola dell'odio

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Nathan Never 308
La scuola dell'odio


Soggetto e sceneggiatura: Riccardo Secchi
Disegni:Giuseppe Barbati, Daniele Giovanni Fabiani, Alessandro Fusari
Copertina: Sergio Giardo
Lettering: Alessandra Belletti



Iniziamo con una nota che prendiamo direttamente da Alfacom, la rubrica che fa da cappello introduttivo ad ogni numero di Nathan Never, curata da Luca Del Savio: questa storia è stata l’ultima disegnata da Giuseppe Barbieri. Di questa storia aveva infatti completato le prime 66 tavole a matita, mentre le restanti erano solo in forma di layout. Naturale è stato il chiedere di completare la storia a Daniele Giovanni Fabiani, allievo di Barbati, presso l’accademia del fumetto di Pescara. Alessandro Fusari ha invece curato l’inchiostrazione.


“La scuola dell’odio” è la seconda storia della trilogia che prosegue sulla falsa riga della precedente a livello di ritmo, intreccio di storie personali e corali che fanno da sfondo. Le storie dei ragazzi immersi nel degrado, nella violenza proseguono e sembrano inabissarsi ancor di più (vedere i due ragazzi che spacciano, sembra quasi normale, come vederli vendere frutta e verdura al mercato – Secchi è molto bravo a rendere quest’aria di “normalità”). Prosegue la storia del gruppi di ragazzi difficili a scuola, laddove il professore fa difficoltà a relazionarsi con ragazzi della strada e dove viene profondamente fuori come un conto è la vita reale all’interno della classe ed un conto è la percezione della politica dall’esterno. Prosegue la storia personale di Nathan con Angela. Prosegue e viene intensificata la guerra per il controllo della droga tra Goran, Debussy e The Lord.
Ma tutta la vicenda, proprio sul finale, ha un interessante colpo di scena (che ovviamente non vi dico).



Storia interessante, dal ritmo davvero frenetico, dal cambio di scene rapido, ma non fa mai perdere il filo conduttore di tutta la vicenda.
Ottima, come nel primo numero, la copertina di Sergio Giardo
Attendo il finale di questa trilogia con impazienza.

...al prossimo incontro!
LoShAmAnO
 

D&D: consigli per Dungeon Master #30 - Matthew Mercer #5

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Tempo addietro ho scoperto  una serie di video di partite di D&D di un gruppo di giocatori, il cui gruppo di gioco prende il nome di Vox Machina. Probabilmente li conoscerete come Critical Role.

Alcuni link per i vostri approfondimenti:
Il loro Master Matthew Mercer, talentuoso giocoliere con la propria voce, guida il gruppo con notevole abilità. Matt (lo chiameremo così d'ora in poi vista l'ormai confidenza che c'è tra noi), ha iniziato anche a produrre una serie di brevi video sul ruolo del DM.
Oggi Matt è venuto, per la terza volta, presso l'aNtRoDeLLoShAmAnO per prensentare un nuovo video di questa serie.

Gli altri video di questa serier li potete trovare cliccando i link che vi riporto qui di seguito:


Per coloro che non conoscono l'inglese, ve ne proporrò un sunto tradotto (non me ne vogliate, come sempre, se traduco io con il mio inglese shamanico).

Buona visione e/o buona lettura.





In questo episodio Matt ci parla della "Rule of Cool" che si  legge "Rul of Cul" e che significa "la regola del Cul...".  Ovviamente scherzo... anche se vi confesso di essere in seria difficoltà su come potrei tradurre questa espressione... perciò se qualcuno avesse dei suggerimenti, ovviamente questi saranno più che benvenuti.

Andiamo però al nocciolo delle questione, cos'è questa "regola del Cul..."? Matt parla di sospensione dell'attaccamento alla realtà a tutti i costi e suggerisce una sorta di concessione, ai PG, di realizzare qualcosa di straordinario, addirittura epico. Questo capiterà in quei momenti che diventeranno pietre miliari in una campagna. Si tratta di una cosa che succede molto spesso nei film, nelle serie TV. Nei giochi di ruolo Matt associa questa sospensione delle regole convenzionali al favorire momenti divertenti nel gioco.


Aggiunge però subito che sarebbe buona cosa definire a priori il livello massimo di tolleranza per momenti di pazzia (divertenti) nelle proprie sessiosi di gioco.

Differenti sistemi di gioco propongono regole diverse per come riportare nel gioco le azioni dei propri personaggi, anche la tensione viene riportata in maniera differente e così questa regola,  va un poco adattata e sperimentata con il sistema di gioco che si sta utilizzando.

Troppa concessione ai PG in termini di epicità rischia però di far sembrare il gioco troppo facile. Se tutto è permeso si rischia di perdere l'attenzione dei giocatori dopo poco tempo e di rendere le sessioni noiose. Un giusto bilanciamento di realtà riportata nel gioco ed epicità renderà le cose molto più interessanti per i giocatori e catturerà molto di più la loro attenzione.
Ecco perchè i momenti di epicità andremmo stratigamente dosati in una sessione di gioco, per non dire in una campagna.

La consistenza del mondo in cui si sta giocando va preservata e non va sacrificata all'epicità. I giocatori devono sempre avere la sensazione che non tutto è possibile e che ci sono dei limiti. Pur sapendo che un gesto epico verrà permesso, se ben giocato.
Per far sì che questo accada bisogna sempre ricordare (sebbene qualcuno dei giocatori potrebbe interpretarlo come un abuso di potere) che il DM sarà una persona flessibile, ma avrà sempre l'ultima parola.


Questi momenti epici non devono sempre e solo provenire, come proposta, dalle azioni dei PG, ma possono e devono anche provenire dalle azioni e dagli incontri proposti dal DM. Pensiamo per esempio al far trovare i PG su un ponte di ghiaccio che sta crollando ed incoraggiamoli ad una corsa epica quanto drammatica verso una delle due parti, con pezzi di ghiacchio che si spaccano sotto i loro piedi, tiri salvezza sulla destrezza del PG, piuttosto che favorire il lancio di un incantesimo o altro ancora...

Un suggerimento di Matt, per incentivare i momenti epici all'interno di una sessione di gioco, è quello di ricompensare questi momenti (tenete però a mente quando, poco sopra, si diceva del bilanciamento tra realtà ed epicità).

I PG di un gioco di ruolo dovrebbero, e spesso sono, PG che hanno una loro storia, che mirano a grandi cose, di cui, con l'andare avanti delle giocate, la gente (PNG) iniziamo a parlare. Dunque ecco che i momenti epici diventano quei momenti che servono ai PG per aggiungere una nuova pagina alla loro storia personale. Lasciate dunque provare i vostri PG a compiere azioni epiche, fateli fallire, a volte concedete loro successo, ma non abusate di questi momenti.

E con questo anche oggi abbiamo terminato.

Grazie Matt...davvero molto interessante...

...al prossimo incontro!
LoShAmAnO





FUMETTO: Corto Maltese 13 - L’angelo della finestra d’oriente

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Ho inizio una serie di recensioni fumettose su un personaggio che ha fatto la storia del fumetto in Italia e mi permetto di dire, non solo: il Corto Maltese di Hugo Pratt.
La collezione dei numeri di questo fumetto l'ho terminata almeno dieci anni fa ad un Lucca Comics and Games, ma non ho mai terminato di leggerla. Si tratta, per i più curiosi di voi, dell'edizione edita dalla Lizard Edizioni. Avete presente? Copertina completamente bianca, costola rossa nella sua parte terminale. Immagine di copertina piccola e colorata.
Con l’uscita della nuova avventura di Corto Maltese ad ottobre del 2015 (acquistata dal mio fumettaro di fiducia) mi sono deciso,  finalmente, a rileggere tutte le storie di questo fumetto, ed a condividere con voi qualche commento ed impressione.
Le altre recensioni finora proposte, le potete trovare a qui:
  1. Il Segreto di Tristan Bantam
  2. Appuntamento a Bahia 
  3. Samba con Tiro Fisso
  4. Un'aquila nella giungla 
  5. ... e riparleremo dei gentiluomini di fortuna
  6.  Per colpa di un gabbiamo
  7. Teste e funghi 
  8.  La conga delle banane  
  9.  Vudù per il presidente 
  10. Una ballata del mare salato 
  11.  La laguna dei bei sogni
  12. Nonni e fiabe
Parliamo dunque del tredicesimo numero di questa serie: l'angelo della finestra d'oriente.





Dopo diverse storie dal sapore d’oltre oceano, dopo diverse storie dal fascino esotico, una storia tutta nostrana che però non abbandona il fascino del mistero, dell’intrigo e dell’avventura.

L’avventura si svolge a Venezia. Diciamo che c’era da aspettarselo, dopo che Corto, nel numero precedente, è venuto a sapere di una mappa dell’Eldorado che si trova proprio in questa città. L’avventura di questo numero prende il via con il racconto della mappa e dell’Eldorado… ma questa vicenda diventa in qualche modo marginale rispetto al filo conduttore della vicenda.

Sulla laguna veneziana sono in molti ad aver notato una finestra sempre accesa, anche la notte, nonostante il coprifuoco (siamo infatti vicino al confine austriaco e siamo in tempo di guerra). La finestra sembra essere legata al cosiddetto “angelo della finestra d’oriente”, la figlia di una ricca famiglia veneziana, paralizzata, che la sera si diletta con il canto e la musica.

La vicenda di Corto, casualmente presso una trattoria, si incrocia con quella del capitano dei carabinieri Antonio Sorrentino, che sembra essere ben informato sulle cose che accadono nella laguna.

Al momento tutte le vicende sembrano casuali e scollegate tra loro.
Ma ovviamente non può essere così.

Scopriremo con l’andare avanti della narrazione come invece il passaggio di aerei austriaci sopra la casa non sia casuale… Corto scopre che la ragazza che si cela dietro “l’angelo della finestra d’oriente” si è informata, anche lei, in merito alla mappa dell’Eldorado (se ne è informata tanto, da arrivare, presumibilmente, a trafugarne una copia).
L’abbattimento di un aereo austriaco da il via agli eventi che portano al gran finale. Gran finale in cui viene svelata l’identità dell’”angelo della finestra d’oriente”: Venexiana Stevenson (già incontrata in un’avventura precedente). Ovviamente la cattiva di turno riesce a sfuggire a Corto ed i carabinieri.

È interessante come Corto Maltese cerchi in tutti i modi di tenere un profilo basso per l’intera avventura… ma nonostante tutto… sembra sempre che siano i guai a cercarlo… sembra sempre che l’avventura lo attenda dietro l’angolo.

Vi saluto con una domanda ed una considerazione.

Tra le carte di Venexiana, il capitano Sorrentino trova una sorta di indovinello che sottopone a Corto per sapere se per caso a lui dica qualcosa. Voi cosa ne pensate?


Il verde, il rosso, il giallo, il blu, il bianco e il nero si incontrarono da Nino Vascòn… l’alma de Toledo… per raggiungere il loro capo…

Mi piace anche come le storie vivano davvero di vita propria e come questa non faccia eccezione. Nonostante l’avventura si sia appena svolta, ed i suoi avvenimenti si siano già diffusi per tutta la laguna, su un traghetto che sta dando un passaggio a Corto, viene riportata allo stesso Corto la vicenda stessa, ma con l’aggiunta di particolari che il lettore sa non essere veri. Corto gioca con la storia stessa, correggendo il suo interlocutore e rilanciando, aggiungendo nuovi particolari ancora.

A voi è mai giunta alle orecchie questa storia? Come la conoscevate?

...al prossimo incontro!
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D&D: consigli per Dungeon Master #31 - Matthew Mercer #6

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Oggi Matt è venuto, per la terza volta, presso l'aNtRoDeLLoShAmAnO per prensentare un nuovo video di questa serie.

Gli altri video di questa serie li potete trovare cliccando i link che vi riporto qui di seguito:


Per coloro che non conoscono l'inglese, ve ne proporrò un sunto tradotto (non me ne vogliate, come sempre, se traduco io con il mio inglese shamanico).

Buona visione e/o buona lettura.




Quest'oggi Matt ci parlerà del galateo e delle buone maniere in un gioco di ruolo. Ci parlerà insomma delle relazioni e delle dinamiche che intercorrono tra giocatori e tra giocatori e DM e di come cercare di renderle il più serene possibili.

Ipotizzando di giocare allo stesso sistema di gioco, ma con DM differenti, l'esperienza che ne deriverebbe sarebbe completamente diversa proprio perchè in ballo ci sono le relazioni di cui parliamo oggi.

Matt suggerisce che i giocatori ed il DM, prima di sedersi intorno al tavolo per giocare, lo facciamo per discutere lo stile di gioco. Si dovrebbe decidere se nelle sessioni si punterà tanto sull'interpretazione, sui combattimenti, se si bilanceranno le due precedenti voci, se le sessioni saranno esplorazioni di dungeon, accumulo di tesori ed aumento del potere dei singoli PG o se invece verranno introdotte trame più complesse.

Matt suggerisce ai giocatori di cercare di rispettare il lavoro (tanto e gratuito) che i loro DM fanno per preparare le sessioni di gioco. Un modo, per esempio, per esserlo è stare attenti a quello che viene detto durante le sessioni di gioco (questo però, ovviamente, dipende anche da come viene detto, certo). Sentitevi liberi di chiedere ed offrire suggerimenti e chiarificazioni, sapendo, come dicevamo la volta scorsa, che il DM alla fine, deve avere l'ultima parola.

Nei giochi di ruolo, tipicamente, l'egocentrismo è d'intralcio, la condivisione è invece l'arma vincente. Non accentrate tutta l'attenzione della sessione sul vostro PG, date spazio a tutti ed anzi a volte favorite lo spostare l'attenzione su qualche altro PG. Questo è un grande aspetto da tenere in considerazione, il potenziale di socialità che hanno i giochi di ruolo.


Aggiunge ancora Matt, che nelle sessioni di un gioco di ruolo non c'è nulla di personale, le cose non sono fatte a voi giocatori, va sono i vostri PG a viverle. In ogni caso, alla fine di una sessione il confrontarsi con il DM per raccontare cosa è piaciuto e cosa no, è sempre una cosa che fa crescere l'esperienza di gioco collettiva.

I DM, d'altro canto, dovrebbero essere rispettosi e dovrebbero apprezzare quanto fatto dai propri giocatori. State attenti a dare attenzione a tutti i giocatori e ricordate che ogni PG dovrebbe avere il suo momento di attenzione durante una sessione od una campagna. Giocatori timidi o semplicemente nuovi, difficilmente si butteranno o attireranno l'attenzione sui loro PG. Siate attenti a questi aspetti.
Non siete degi dei e non sempre le vostre scelte sono le migliori. Basatevi ed ascoltate i consigli dei vostri giocatori, vi renderanno la vita molto più semplice e vi aiuteranno a crescere nella vostra esperienza come DM.

Grazie Matt, ho davvero apprezzato molto questa sessione, perchè hai affrontato uno degli aspetti che maggiormente mi piacciono del gioco di ruolo, l'aspetto socializzante, il saper stare con gli altri, il saper parlare con gli altri e divertirsi con loro.

E con questo anche oggi abbiamo terminato.

Grazie Matt...davvero molto interessante...

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FUMETTO - Dragonero 45 - Il signore degli impuri

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DRAGONERO 45
Il signore degli impuri


Soggetto e sceneggiatura: Stefano Vietti
Disegni: Fabrizio Galliccia
Copertina: Giuseppe Matteoni
Lettering: Marina Sanfelice



Come consuetudine parto dalla copertina di questo albo a fumetti. A me è piaciuta molto. Ho apprezzato molto sia l’impostazione, con il cattivo di spalle in primo piano (che dunque per effetto ottico sembra più grande di Ian), che sembra averla vinta sul protagonista; sia i colori, freddi al punto giusto da rimandare al gelido abbraccio della morte. Evento dal quale Ian, nella sua smorfia, sta cercando di combattere con ogni forza.

Interessante, come sempre, l’editoriale di Luca Barbieri, Cronache dell’Erondar. Questo mese ci vengono indicate le ubicazioni segrete delle case di alcuni Luresindi e ci viene raccontato dell’eremo di Alben, Viturmanse. In particolare siamo messi al corrente dei meandri che sono nascosti nella scogliera dove l’eremo è posto, delle trappole (ovviamente magiche) e dei guardiani.
Che quest’informazione servirà al lettore durante la lettura? In realtà all’interno della storia la cosa viene già spiegata, dalle immagini e dal testo, quindi forse potrebbe risultare un poco superflua come info, ma… perché ovviamente c’è un ma, a me piacciono molto queste piccole chicche che vengono fornite all’inizio delle storie.


Segnalo in particolare di questa storia sicuramente l’inizio. Grazie a diciotto vignette mute (solo disegni e nessuna parola), condensate in cinque tavole, al lettore viene veicolata una sensazione di mistero e di ansia positiva, la stessa che sembra aver preso il lurensindo. Viene trasmesso un desiderio di entrare nella storia e di leggerla per capire cosa ha scosso così tanto Alben da farlo partire in fretta e furia con la sua aereonave avendo prima ben sigillato magicamente la casa.  Il tutto viene fatto attraverso il solo ausilio di immagini, la loro successione ed il ritmo che le scandisce. Tanto viene poi veicolato attraverso quello che non viene disegnato e che si trova tra una vignetta e la successiva e che il lettore è invitato ad immaginare. Una delle meraviglie del fumetto.


Non vi racconterò la storia e non ve ne farò un riassunto, ma vi riporto alcune note, così come le ho prese durante la lettura.


Ho apprezzato, da un punto di vista prettamente grafico, le sequenze in cui Gmor e Iam cadono preda di due tra i loro peggiori incubi.
Quelle vignette frastagliate, spezzettate mi hanno convinto molto. I due momenti in cui questi incubi ci vengono presentati, sono usati magistralmente da Vietti per presentare ai lettori, in poche pagine, altri due momenti del passato di Gmor, ma soprattutto (ovviamente) di Ian. Proprio in merito a quest’ultimo, l’espediente è anche usato come lancio, come promemoria per la serie “young”. Infatti Ian si sogna da bambino, con sua sorella Myrva… ed il loro fratello più grande Drev… lo stile del disegno è proprio quello della futura serie legata al mondo di Dragonero. Altro colpo da maestro.

Ho apprezzato molto il fatto che sia la piccola Sera a salvare la situazione e che lo faccia da eroina vera e propria. Guardate la vignetta che la ritrae usare l’artefatto recuperato dall’eremo di Alben per combattere le creature evocate da N’Agha, maestro degli impuri.


Ho apprezzato il finale della storia. Laddove Ian, che aveva risparmiato N’Agha nella storia del numero X, qui non si fa scrupoli e dapprima lo trascina verso la scogliera, facendosi raccontare, nel mentre, chi lo ha mandato e perché, e poi senza pensarci su lo getta sulle rocce sottostanti.
Ho apprezzato il fatto che siano le regine nere ad aver mandato N’Agha ad eliminare Ian, personaggio che temono molto, a detta dello stesso maestro degli Impuri.
Ho apprezzato molto che Ian e Gmor decidano di non raccontare tutto ad Alben… questa volta decidono di tenersi alcune informazioni per loro stessi… avranno fatto bene?

Da un punto di vista grafico, alcune delle vignette di Galliccia ed in generale il suo tratto mi sono piaciuti. Forse non è il tratto che più apprezzo, ma l’ho trovato molto adatto alla storia.


Prima di concludere, giusto un'informazione visiva sui luoghi dove si svolge la vicenda narrata in questo albo. Si tratta di un'informazione assolutamente superflua, ma a me piacciono troppo le mappe fantasy.


In riassunto: una vicenda ed una storia, tutto sommato lineare, ma in questo incedere dritto, si è presa alcune parentesi davvero interessanti e che iniziano a mettere un poco di pepe (se ancora ce ne fosse bisogno) intorno alla saga delle regine nere, che vi confesso, dopo tutto questo parlarne, ho propria voglia di leggere.

Ed ora come sempre, da questo piccolo antro digitale, non mi rimane altro che salutarvi e darvi appuntamento...

...al prossimo incontro!
LoShAmAnO 
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